Breve trattazione in prosa di come si divulgava e si divulga la scienza.
Il primo a trattare di scienza in maniera divulgativa fu Galileo Galilei XVI secolo a cui dobbiamo il moderno concetto di metodo scientifico o sperimentale: osservare un fenomeno, fare delle ipotesi, fare esperimenti per verificare le ipotesi. Questo porta ad una visione empirica del mondo. Egli si pose il proposito di divulgare la scienza al più ampio numero di lettori scrivendo in volgare e utilizzando il dialogo come genere letterario, dialogo tra personaggi che discutono fra loro sostenendo tesi diverse.
Successivamente nel corso del 1600 con Cartesio nasce il pensiero moderno. Egli determinò una vera e propria rottura con il passato cambiando l’approccio dell’uomo nei confronti della scienza. In campo scientifico impose una reazione al vecchio sapere che era basato sui libri antichi e sul principio di “ipse dixit”. Ossia “l’ha detto lui – Lui è Aristotele. Nessuno osava mettere in discussione ciò che il massimo filosofo greco aveva detto.
Questa forma di divulgazione scientifica è perdurata, modificandosi, fino alla prima metà del 1900, fino alla quale data le ricerche erano ancora fondamentalmente delle prose. Il lettore seguiva il ragionamento dell’autore ed era portato ad entrare nel mondo scientifico di riferimento. Per questo scopo il lessico utilizzato poneva delle domande al lettore suscitando un interesse ed una curiosità che lo spingessero ad approfondire la lettura. Gli esempi che riportavano erano momenti della vita comune ai quali il lettore poteva ispirarsi. Anche la punteggiatura era propria di un elaborato letterario. Non mancano infatti virgolette, punti esclamativi e punti di sospensione. Le immagini anche che venivano riportate erano quelle sia di grafici che riportavano dei dati e sia immagini esplicative circa il funzionamento del corpo umano. Questi studi avevano uno scopo estremamente didattico e questo oltre ad aumentare la comprensibilità dell’elaborato non ledeva in alcun modo e la consistenza scientifica del testo.
Trovo molto intellettualmente emozionante poi come per condurre questi studi siano stato adoperate delle metodiche “non convenzionali”. Lo studio in questione di Bartelink utilizzò dei motori della General Motors, grazie ai quali verificò la resistenza dei dischi intervertebrali. Il moto curioso che questa metodica mi suscitò fu un ragionamento circa la ciclicità del rapporto uomo macchina: l’uomo crea la macchina, la macchina studia l’uomo. In questo ciclo infinito chiamato Tecnologia, ruota la nostra esistenza. Menti brillanti come lo scrittore di narrativa Asimov, il presidente Tanaka della Fujitsu,gli scienziati del Chatbot si sono già espressi a riguardo. Chissà chi avrà ragione.